lunedì 9 aprile 2012

[revisioni] Una vita al massimo


True Romance ("Una vita al massimo" secondo il parere discutibile del titolista italiano) è un cult movie. Di quelli con le scene madri che stanno in piedi da sole, di quelli che propongono una visione della vita (in questo caso dell'amore) capaci di rilanciare un immaginario. Di quelli che puoi prendere un personaggio a caso, farci un poster ed essere sicuro di aver incorniciato un'icona. Di quelli pieni di attori famosi anche in ruoli minori (qui LUI e LUI, per esempio) e di attori che sarebbero diventati famosi in un paio d'anni (LUI, e perché no anche LUI). Di quelli del primo Tarantino, per intenderci, quello veramente tosto e detonante. Quello che ancora oggi gli sceneggiatori post-post-post moderni (chiamateli come volete) cercano vanamente di imitare domandandosi come diavolo abbia fatto quel ragazzino a calare delle linee di dialogo piene di stronzate scritte così bene, talmente buone da rischiare di trascendere il plot e portare a casa il film da sole. Voi lo andreste a vedere un Tarantino del primo periodo se vi dicessero che i personaggi non si alzano mai dal tavolo di uno Starbuck's e continuano per tutto il tempo a disquisire sull'importanza delle salse nei Roadhouse Grill? Io subito. Sbaverei (e non per le salse). Quindi il dialogo, in Tarantino, batte lo scheletro narrativo dieci a zero e fuori casa. Fuori Casa, dico, perché di solito un film iper-saturo di dialoghi è verboso e sfiancante, e in ogni caso il dialogo è di per sé un accessorio sempre pericoloso da usare in un'arte, il cinema, che è visione per antonomasia. Quello di Tarantino sarebbe potuto essere addirittura un cinema dell'assurdo, se avesse messo in atto le conseguenza del suo essere. Pensateci, è talmente brillante il modo in cui il buon Quentin ci porta verso la catarsi della violenza, talmente perfetto e dilatato, che quando poi la violenza accade rimaniamo quasi delusi. Ne volevamo ancora, di attesa. Ma sto uscendo di strada, perché il film che sto recensendo NON è diretto (ma "solo" scritto) da Tarantino. 
  Dunque, ricapitoliamo: sei un regista, hai in mano un ottimo soggetto padre di una sceneggiatura fuori dalla grazia del signore, hai i soldi e il tuo agente di casting ti porta agli studios una schiera di attori tanto bravi e numerosi da mettere in imbarazzo Robert Altman. Però hai un problema: ti chiami Tony Scott, ti piacciono un sacco i colori iper-saturi, la semplicità narrativa e non hai smaltito ancora del tutto la cocaina che ti sei pippato negli anni '80. In più, il tuo problema si declina in un'aggravante: sei ASSOLUTAMENTE sicuro di te.


  Per carità, magari fai pure bene, stai per girare un film con le premesse di cui sopra, un progetto così lo porterebbe a casa pure il Woody Allen di Hollywood Ending, insomma, difficile far danni. Però, ti ripeto, ti chiami Tony Scott, hai diretto TOP GUN e ti strappi un pelo del culo ogni volta che ti viene in mente che tuo fratello ha fatto BLADE RUNNER. Pertanto, riesci nell'impresa, riesci a fare danni, finendo per ottenere un sei stiracchiato da quello che poteva essere un capolavoro. Si, Tony, applichi una messinscena sciatta e sconclusionata a un film che avrebbe voluto una scenografia e un montaggio plastici e asserviti ai personaggi. Un esempio, Dennis Hopper abita vicino a dei binari del treno in funzione, dove "in funzione" significa che i treni continuano a passare. Alla fine del film quanti si ricordano questa cosa? Ok, tutti, ma se ne ricordano come di un mero dato di fatto, non si accende quella scintilla iconica che un regista dotato avrebbe saputo far accendere anche su un particolare come questo, molto di secondo piano. Scott inquadra tante cose ma non ne descrive nessuna. Altra cosa, il film in sede di sceneggiatura era stato scritto NON in ordine cronologico, un po' come PULP FICTION, presumo: ecco, perché raccontarlo nell'ordine "giusto"? L'estrema semplicità del plot NECESSITAVA, a mio avviso, di una complessità temporale, era stata progettata per questo. Bah, forse Tony temeva di spaventare i Topgunners. Altra questione, lo Scott piccolo coreografa bene. Dissento. Se nella scena finale, con tutte le fazioni schierate nella camera del produttore, a un qualsiasi personaggio fosse venuta in mente una battuta demenziale, ecco che ci saremmo ritrovati in un film di Mel Brooks. Certo, c'è del buono, anche il nostro Tony a più riprese si dimostra brillante, però... però non mi puoi sbagliare un film che contiene questa scena:


Non mi puoi sbagliare un film in cui c'è lei, che dice pure che lo aspetta in camera a vedere i film sporchi:

Ma soprattutto non puoi commettere leggerezze mentre sotto il naso ti esce quest'altro film:


Che è pure lui un film sul Vero Amore e pure lui è un cult movie, ma possiede una terza caratteristica: è un buon film. Non un sei stiracchiato.

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